martedì 24 febbraio 2015

Tutto

"E' successo che un giorno, ho deciso di ascoltare la vita, dentro.
Era un periodo terribile. 
Lei se ne era andata, alla ricerca di pace, di risposte, di consolazione. Di una comprensione che io non ero capace di darle. 
Lui era perso, dietro alla sua unica, assoluta, assassina amata. 
La mia vita era devastata.

Mi recavo al lavoro, ci stavo tutto il giorno, affondavo la testa e il cuore in quella che per anni era stata la mia passione, la mia fonte di gratificazione e il mio status sociale ed economico. 
Non avevo niente che non andava, il mio percorso su questa Terra aveva tutte le premesse per essere perfetto. Ma perfetto non lo è mai stato. Non so dire, con lucidità, cosa non sia andato per il verso giusto. Forse avevo dato tutto per scontato e la vita prima o poi presenta il conto, ho avuto tutto, ho perso tutto.
In quel periodo, senza di lei e preoccupato per lui, che si perdeva ogni giorno di più, non frequentavo nessuno, vivevo in solitudine, anche nelle pause pranzo cercavo di non incontrare nessuno dei miei conoscenti, troppo bella gente, troppo felice, troppo borghese, per non farmi sentire in colpa anche con un semplice "Come va?". Come avrei potuto rispondere!? Tutto bene grazie! La mia famiglia è in pezzi, mia moglie non mi vuole vedere e mio figlio sarà dal suo spacciatore?! Come avrei potuto sopportare la pena, lo stupore, forse anche il trionfo, negli occhi degli altri?! Se c'è una cosa che ho imparato dalla sofferenza è che sono fallace e misero, ma non sono ancora pronto a farmelo dire dagli altri. Davanti al  mio panino, seduto al fast food, dove nessuno dei miei pari mette piede, ero sicuro di essere protetto dal mio non-essere. Poi di corsa in ufficio, passando per il parco, dove la gente corre e non ti guarda, dove puoi far finta di essere in pausa anche se il dolore non perde mai tempo. 
L'avevo visto qualche volta, in orari diversi. Mi sembrava lui, ma non ero certo. Era giovanissimo, magro magro, con due occhi che non puoi dimenticare, neanche se li vedi sotto un berretto del fast food, mentre ti mette le patatine nel vassoio. Non volevo crederci, ma era proprio lui. Si alzava dalla panchina, dove aveva le sue cose, si preparava per andare al lavoro. L'ho studiato per qualche giorno, paragonandolo a mio figlio. Mio figlio...a cui era stato dato tutto. Tutto. Tutto. Ma il tutto può essere troppo. E forse può essere inutile, di più, dannoso. Mio figlio, cresciuto tra la ricchezza e la mia assenza, fragile e immaturo. Anche lui poteva avere una vita perfetta, invece no. Invece aveva solo un'ossessione, una schiavitù.
Questo ragazzo invece non aveva neanche un letto dove dormire. Stava lì, sulla panchina.
Mi sono detto, che le occasioni nella vita bisogna saperle cogliere e lui è diventato la mia occasione. E per questo lo ringrazierò sempre, per essere stato lui la mia occasione.
Una sera sono passai di lì, gli scossi una spalla, era sdraiato e sembrava dormire. Mi guardò con i suoi occhi giovani e mi salutò, si mise a sedere. Non tergiversai. "Io vivo solo, mia moglie mi ha lasciato. Ho una camera in più. Ho visto che non hai una casa. Se vuoi venire ad occupare la camera libera che ho, non ti chiederò nessun affitto. Ci starai fino a che non avrai i soldi per trovarti un'altra sistemazione. Permettimi di dirti che non puoi stare per strada, sei troppo giovane per questa vita. Cosa ne pensi?" Nel suo italiano traballante, mi ringraziò, ci pensò su e si fidò. Dopo due mesi mia moglie tornò a casa, ci volevamo riprovare. Lui era un ragazzo forte e un'anima coraggiosa. Lo aiutai a trovare lavoro in un ristorante, perchè lui era un cuoco. Riempì il vuoto che la sofferenza mi aveva lasciato, mi faceva pensare che il bene che non ero riuscito a dare a mio figlio, non fosse andato perso.
Nel giro di pochi mesi, con la sua grande voglia di lavorare e un eccellente spirito di adattamento, riuscì a trovare una sistemazione per sè, mi volle anche dare i soldi che avevo speso per averlo ospitato e che io naturalmente non volli, perchè la sua salvezza era stata la mia. 
Ci vediamo ancora. Ora lui è sposato, con una ragazza deliziosa. Lavora, ama e sogna. 
E questo è tutto.  
Il tutto che mio figlio non avrà. La sua vita si sta spegnendo. La mia, sbagliata, superficiale, imperfetta, forse non è stata inutile."

- Continua - 

5 commenti:

  1. E' una storia vera. Che ho sentito di "prima mano".
    Ha commosso anche me, tanto. Il bene esiste davvero.

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  2. Rapita dal tuo racconto.
    Hai ragione: il bene esiste davvero!

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    1. La sera in cui questa storia mi ha trovato, inaspettatamente vicina, non riuscivo a non pensarci, la vita vera è davvero più sorprendente della fantasia.

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  3. Questo racconto mi ha molto colpito perché capisco che ci siano vite che non possiamo salvare, anche se sono quelle dei nostri figli. Mentre ci sono persone che sono pronte per essere aiutate e per le quali possiamo fare la differenza. Certo accettare di perdere chi amiamo di più dev’essere un dolore immenso, pieno di sensi di colpa.
    Il destino è strano, indipendentemente dagli errori che si fanno, alla fine c’è sempre una scelta possibile e allungare la mano è gesto di grande umanità, per nulla scontato.

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    1. Ci sono situazioni in cui siamo impotenti, in cui la volontà non basta.
      Ci sono situazioni in cui ci è data la possibilità di compensare i nostri fallimenti.
      Questa è una storia molto umana, di povertà e ricchezza, di errori e speranze, di amore e sofferenze, e a me insegna molte cose, la prima in assoluto: a credere nel cuore dell'uomo.

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