mercoledì 23 settembre 2015

La sindrome del primo della classe

La casa automobilistica tedesca ha imbrogliato.
Ha confessato.
Con o senza confessione, i danni sono altissimi, prima dal punto di vista finanziario, poi commerciale e industriale e in seguito, per concludere il tutto in gloria, anche da quello occupazionale.
L'aspetto dell'immagine aziendale nel mondo è insito nel fattaccio, mi sembra superfluo ricordarlo.
Questa storia, da subito, mi ha fatto venire in mente soprattutto l'ambiente scolastico, mi ha fatto venire in mente il primo della classe.


Sì, perchè un/a primo/a della classe lo/a abbiamo incontrato/a tutti.
La caratteristica principale del primo della classe (d'ora in poi userò il maschile, ma leggete anche al femminile, per favore) è quella di essere molto diligente, pensateci bene, di solito non è una persona più intelligente degli altri, di solito è più diligente.
Organizzato, pronto, studioso, educato, affidabile, ordinato e preciso.
Tutte queste cose sono cose molto belle: il primo della classe è una persona che fa il suo dovere, magari anche prima che venga chiesto.
Di solito, il primo della classe ama essere riconosciuto come tale, ama essere apprezzato, ama spiccare rispetto agli altri. E anche in questo non c'è niente di male!
Il primo della classe è incompreso dai più. Chi glielo fa fare lavorare tanto, solo per un voto rotondo scritto sulla pagella? Che gusto c'è nel dimostrare agli insegnanti dei essere migliori, come si sa, gli insegnanti non hanno mai la giusta opinione sugli studenti!
E allora cosa vuole davvero il primo della classe?
Il primo della classe è uno che non può fare a meno di usare la propria intelligenza, i propri talenti.
E' un conservatore nell'anima.
Una volta conosciuti di sè le proprie capacità e i propri limiti, tende ad esaltare le prime e a sorvolare sui secondi, tende a mantenere un certo standard, gli dà sicurezza, essere fedele a se stesso e all'immagine che gli altri hanno di lui gli permette di tenere lontane le paure più profonde.
E quali sono le sue paure più profonde? Soprattutto, direi, quella di fallire. Il fallimento non è contemplato, il fallimento cambia tutto, il fallimento non permette al sè consolidato di confermarsi. Il fallimento è una rivoluzione di ciò che lui è, lo rende simile agli altri: instabile, confuso, disorientato e incapace di guardare con certezza al futuro.
La paura del fallimento fa fare ai primi della classe cose impensabili (per persone come loro) : ho visto primi della classe piangere per un 9, primi della classe copiare durante gli esami, primi della classe falsificare firme, primi della classe ruffianarsi i prof. per una media che doveva essere la massima consentita.
Sono peggiori degli altri? No, non lo sono. Sono esattamente... uomini.
Hanno, come tutti gli uomini, le loro difficoltà a far quadrare i conti con la vita.
Sono più indegni degli altri quando imbrogliano? No, lo sono allo stesso modo: senza giustificazioni.
E allora qual è la differenza tra gli altri e loro?
L'unica differenza, che io vedo, è  che loro fuggono  la possibilità di capire che sbagliare è necessario. Sbagliare è ciò che ci rende visibili le nostre incapacità e ci permette di migliorarci. Loro non lo sanno che sbagliare è necessario, che affrontare il giudizio negativo altrui è prova di coraggio, indispensabile alla vita e al proprio equilibrio.
E soprattutto non sanno che chi sbaglia ha la possibilità di essere perdonato e il perdono e la misericordia (concedetemi parole confessionali, non ne trovo di altre più adatte) sono esperienze meravigliose.

E' arrivato il momento di smettere di esaltare un popolo a discapito di altri, di mettere etichette, ma è l'ora di sentirsi tutti uomini perfetti e fallaci (allo stesso tempo) , fratelli, si diceva una volta, forse è il caso di ricordarselo anche oggi. E basta lezioni, è il tempo dell'esempio!

7 commenti:

  1. A volte però il "primo della classe" lo è solo nelle nostre menti...io ne ho conosciuti alcuni che dietro il loro atteggiamento o che sia, cercavano solo una forma di accettazione.

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    1. E infatti, ecco la "sindrome" e l'insicurezza che ne dà origine. :(

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  2. L'insegnamento che voglio prendere è che chi giudica, spesso, è il primo a sbagliare, perchè tutti siamo fallibili.
    :*

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  3. La tua analisi è molto bella e molto giusta.
    Però la prima cosa che è venuta in mente a me è stata "non vedo l'ora che un tedesco venga a farmi il maestrino con il dito puntato, vedi che fine gli faccio fare".
    Non molto edificante, lo ammetto, ma che cavolo!

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  4. Hai proprio ragione Ninin! Sono profondamente d'accordo sul fatto che l'errore è utile, anzi, direi, indispensabile e credo che ci renda migliori e più capaci di avvicinarci agli altri. In più, ci insegna anche a non giudicare, a essere più compassionevoli verso noi stessi e poi anche verso chi ci fa dei torti. Ma poi, come si può pretendere di non sbagliare nella vita? È impossibile. COme dici tu, bisogna cambiare e renderci conto che siamo davvero tutti uguali, tutti fallibili e con i nostri lati oscuri. Umani, appunto!

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    1. Sfuggiamo spesso alla nostra umanità, in tanti modi, dai più semplici ai più grandi, di fronte alle scelte quotidiane e anche di fronte alle scelte importanti, facciamo prevalere quello che riteniamo più conveniente, dimenticando che ciò che conviene veramente è solo ciò che ci rende profondamente umani.
      Ma sai però, che mi sembra di sentire aria nuova, mi sembra di sentire qualcosa che cambia...

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