domenica 9 febbraio 2014

L'obbedienza e il male

 L'onda - Immagine dal web

L'altra sera sul canale digitale Focus ho visto la riedizione moderna dell'esperimento Milgram.
Penso che lo abbiate già sentito nominare, l'originale è del 1961: è quello in cui delle persone devono "punire" delle altre che sbagliano con delle scosse elettriche, la descrizione la trovate qui.
L'obiettivo dell'esperimento era scoprire fino a dove un uomo si può spingere per obbedire ad un ordine, alla ricerca di una possibile spiegazione di come il nazismo avesse potuto attecchire in  maniera così devastante su un intero popolo.
Spesso mi sono fatta questa domanda, come è potuto accadere? Perchè le persone non si sono ribellate al male, perchè non hanno detto NO, BASTA?! IO NON CI STO!
E, soprattutto, IO, cosa avrei fatto?!

Ho visto anche un film qualche anno fa, sempre con la stessa voglia di capire, L'onda, ispirato ad un esperimento vero, fatto in una scuola superiore californiana negli anni '60 (la Terza Onda) , in cui un insegnante prova a riproporre una formula che fa scaturire, in piccolo, il nazifascismo.
Il modello nazifascista attecchisce, sempre.
Dunque, a distanza di 50 anni dal primo esperimento Milgram, nel 2011, in una società libera e democratica come quella americana, l'esperimento ha lo stesso esito: la maggior parte delle persone obbedisce e infligge le scariche elettriche, anche se sente la vittima lamentarsi della sofferenza in modo evidente. Non lo fa con soddisfazione o sadismo, ma semplicemente obbedisce, tormentandosi, ma lo fa, anche se la possibilità di lasciare l'esperimento era stata messa tra le condizioni alla partecipazione.
Nella Terza onda, l'esperimento viene interrotto, perchè la situazione è talmente evoluta in senso negativo che non si può più gestire: il nazifascismo sembrava aver messo giovani radici.
Ora vengo al sodo e vi chiarisco il perchè di tale post.
Qualche giorno fa, una ragazzina fuori dalla sua scuola superiore ha pestato una rivale in amore: nessuno dei coetanei, che assistevano alla scena, è intervenuto in difesa della vittima, anzi qualcuno si è premurato di girare con il telefonino l'evento e postarlo su facebook. Io l'ho visto, la scuola è nell'hinterland milanese, abbastanza vicino al mio paese, i coetanei spettatori erano numerosi, le amiche della vittima non si sono messe di mezzo, nessuno ha preso per i polsi la pestatrice e l'ha spedita in altra direzione, nemmeno quando questa stava prendendo a calci in faccia la rivale. Solo, ad un certo punto, un'amica dell'aggreditrice (che strana parola, vero? Non si usa mai la forma al femminile, forse fino ad ora non era così comune avere aggressori femmine?!) la sposta per farla smettere, lo fa timidamente, con poca convinzione , a quel punto qualcuna delle amiche dell'altra l'aiuta a tirarsi su. La pestatrice è stata denunciata dai genitori della vittima.
Naturalmente si possono fare tutta una serie di considerazioni morali, educative, sociali, bla,bla, bla.
Ma la verità è che non c'è niente di nuovo.
Il male ci appartiene, ogni volta che ci ritroviamo davanti ad una responsabilità, la scarichiamo addosso a qualcun altro. E' solo questa la questione.
E IO cosa avrei fatto, in quella situazione?!
Chi non ha accettato di partecipare all'esperimento Milgram lo ha fatto perchè non poteva perdonarsi di infliggere a qualcun altro una punizione corporale, non voleva sentire la colpa del dolore altrui: SI SENTIVA RESPONSABILE.
Chi lo ha svolto ha eseguito  un ordine, non si sentiva responsabile del dolore inflitto.
Chi era nazifascista lo faceva perchè obbediva, non era colpa sua se dava l'ordine di uccidere o di torturare, obbediva ad un ordine di qualcun altro e via via così, fino ad arrivare a Mussolini o Hitler (ma potremmo fare il nome di tutti i dittatori della storia dell'umanità).
Chi assisteva al pestaggio della ragazza, non c'entrava niente, non faceva nulla in prima persona, non era colpa sua se la ragazza veniva pestata: non riconosceva in sè un possibile e passivo complice di un male che si poteva evitare con un semplice e non violento gesto di interruzione. Anche qui la responsabilità personale è stata accantonata.
Ho fatto vedere il video ai miei figli, mi sono accalorata, ho chiesto loro di non accettare in maniera passiva la violenza, ho detto loro che se mai fossero coinvolti in fatti del genere devono intervenire, devono prendersi la responsabilità di quello che accade, dire IO NON CI STO! Perchè altrimenti si è complici del male che accade.
Perchè l'unico modo di rispondere alla domanda: E IO COSA AVREI FATTO? 
E' disobbedire, andare contro corrente verso la propria responsabilità e me lo devo ricordare ogni giorno, perchè ogni giorno posso scegliere, anche nelle piccole cose.
Perchè il male ci appartiene e l'unico modo di tenerlo a bada è quello di non obbedirgli: fare il suo contrario.
E come diceva don Milani, che aveva capito tante cose: 
l'obbedienza non è più una virtù...
...e forse non lo è stata mai.

Ehm...volevo aggiungere anche... per coerenza, che questo vale anche per i nostri figli:
 consolatevi se non obbediscono...magari... hanno ragione loro...se sono responsabili.



8 commenti:

  1. purtroppo mi pare che sia sempre più facile e che siano sempre in più ad obbedire! Pure quando pensano di agire in libertà, perchè è la responsabilità che non viene presa in carico!

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    1. Penso che la libertà sia intrinsecamente legata alla responsabilità, forse dovremmo educarci ed educare in questa direzione. :)

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  2. le tue parole si legano al mio sentire, "disobbedienza civile"... dovremmo educarci a praticarla, che fatica uscire dal torpore

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    1. Mi piace di più l'espressione "responsabilità personale", ma anche per questa occorre educarsi...
      :)))

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  3. ciao, complimenti per il blog, sul mio blog trovi un premio per te. www.unamelaverdelime.com

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  4. Bella la tua considerazione finale, ci rifletterò!
    Per quel che può valere il mio pensiero, approvo il fatto che tu abbia fatto vedere il video ai tuoi figli, da genitori abbiamo la responsabilità di scuotere i nostri ragazzi, di fargli osservare le cose da un altro punto di vista. A guardarli sembrano diventati indifferenti a tutto, e questa considerazione mi fa male, tantissimo. Sei una mamma davvero in gamba, ti ammiro molto.

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    1. Ti ringrazio per l'ammirazione, che non credo di meritare: sapessi quanti errori!
      Comunque hai ragione sull'indifferenza dei ragazzi: sembrano così. Ma non lo sono.
      Credo che la loro sia soprattutto paura, di tutto: di essere originali, di essere considerati troppo bravi (pensa tu!), di uscire dalla massa, di sentirsi giudicati dai loro pari, di opporsi al pensiero della maggioranza, di essere lasciati soli e via dicendo.
      Ma quando guardano certe brutte cose, anche loro si sentono coinvolti, sono empatici, ma si censurano. Forse è sempre stato così, ma in questo momento storico, mi sembra che i ragazzi vivano come se non vivessero, come se nulla fosse chiesto loro, se i loro sentimenti, i loro pensieri, i loro giudizi, soprattutto se genuinamente personali, non servano e non interessino a nessuno, è come se rimanessero sempre piccoli, senza responsabilità, appunto.
      Noi adulti dovremmo permetter loro di essere responsabili, di sbagliare e di fare giusto, senza che la colpa o il merito ricada su qualcuno che non sia loro stessi.
      La generazione di genitori a cui appartengo è fagocitante, invadente e poco lungimirante e a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, non abbiamo neanche la scusa dell'ignoranza. I nostri figli ne pagano le conseguenze.
      La mia convinzione è che loro siano molto meglio di come appaiono, bisogna solo dare loro la possibilità di dimostrarlo.

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