martedì 8 gennaio 2013

La formazione di sè


Ci sono cose che ti accadono nell'infanzia, di cui porti il ricordo lontano, che sottovaluti nella forza formativa che hanno avuto nella tua personalità, di cui porti con te le sensazioni, i "loro" colori e che, riemerse alla memoria dopo anni,  ti danno chiavi di lettura diverse dalle solite.
Mi spiego.

Sono figlia di emigranti.
Sono nata in un paese che non era nè quello di mio padre, nè quello di mia madre e, quindi, neanche mio.
Sono andata a vivere in una semplice palazzina, in un condominio con tante famiglie di tanti paesi diversi, che parlavano dialetti diversi, che cucinavano cose diverse, che avevano abitudini diverse.
La strada, la via, come la palazzina era varia e caotica.
Non c'era asfalto, ma terra, quando i primi emigranti arrivarono.
Chi arrivava, comprava un pezzo di terreno e ci costruiva la casa.
Letteralmente: ci costruiva la casa!
Soprattutto i muratori, soprattutto i muratori veneti.
Si aiutavano, ognuno dava una mano ai vicini, come poteva.
Non avevano niente, niente di superfluo almeno, avevano un lavoro però, e, dopo quello, fino a che la luce permetteva, continuavano a lavorare alla loro casa.
Oggi sarebbe impensabile, eppure negli anni sessanta era così, almeno qui, nell'hinterland milanese.
Molti venivano qui per cercare un lavoro, perchè qui la probabilità di lavorare c'era e la speranza, che i propri figli potessero continuare ad andare a scuola e magari all'università, era realizzabile.
E' andata così. Molti emigranti hanno fatto le loro case, hanno cresciuto i loro figli, li hanno mandati a scuola e hanno permesso loro una vita migliore della propria.
Ecco, il vivere in questa realtà, da piccolissima, ha condizionato molto il mio carattere e il mio modo di vedere le cose.
Sono cresciuta in una di queste famiglie, mia madre mi affidò ad una babysitter veneta. Avevo pochi mesi, a casa sua sono stata svezzata, ho imparato a camminare, ho imparato a parlare, ad avvicinare gli animali, a riconoscere le stagioni, a distinguere i dialetti, a sentire i pettegolezzi e a conoscere la volubilità delle donne e la seriosità degli uomini, a giocare con i bambini, per strada, a capire quanto ogni piccola realtà sia diversa da un'altra e trovarle entrambe normali. A vedere la bontà e la cattiveria e a distinguere la parola dall'azione, insomma ho avuto un microcosmo a mia disposizione.
Ho imparato che la grandezza delle persone non è in quello che hanno, ma nella capacità di condividere, soprattutto le difficoltà, nella forza della speranza che portano in sè, nella capacità di comprendere gli altri e nell'aiutare senza tornaconto.
Tutto questo per dire che cosa, quindi?
Che l'infanzia che ho vissuto, fuori dalla "protezione" delle famiglie dei miei genitori, mi ha arricchito e non impoverito, che non avere radici definite, mi ha reso libera di scegliere quelle che desidero avere, che alla fine quelle famiglie eterogenee si sono livellate e tutti siamo diventati "milanesi", che la diversità non mi spaventa, anzi mi piace. Che la tolleranza non è una scelta, ma un tratto che diventa caratteriale, che si impara da piccoli, perchè hai avuto qualcuno che ti ha mostrato cos'è.
Questa è una riflessione scaturita da una morte.
La morte di cui vi parlavo domenica.
La morte di un uomo umile, che ha costruito la sua casa, che ha fatto studiare i suoi figli, che non stava mai con le mani in mano, che non si lamentava mai, che amava tanto i gatti.
Se lui non avesse deciso di venir via dall'alluvione del polesine, io, forse, vedrei il mondo molto diversamente.

20 commenti:

  1. Hai avuto buoni maestri. Un abbraccio.

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  2. Potresti scrivere un bel romanzo su questi caratteri che ti hanno insegnato tanto.
    Un bacio grande.

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    1. Ce ne sarebbe tanto di materiale per un romanzo!
      Quante storie, quanti personaggi...ma sono io che non sono capace, non credo riuscirei a rendere bene l'idea, non mi sento "padrona del mezzo" scrittura!
      Comunque, grazie! :)

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  3. Parli di un passato che tutto sommato non è nemmeno troppo lontano, in fondo non siamo mica ottantenni...eppure sembra preistoria, per come ci siamo ridotti oggi...ignoravo questa parte delle tue origini...e se osi ancora dire che non ti senti padrona del mezzo scrittura vengo lì e ti meno!!!!

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    1. Ti adoro Dony!!! E se proprio vuoi venire qui, non sia per menarmi, ma per fare 4 chiacchiere! ;)
      In ogni caso hai ragione sulla preistoria, in fin dei conti sto parlando di 30-35 anni fa , ma il mondo era davvero diversissimo.
      Per quel che riguarda la mia storia, poi, ci sono ancora tante piccole cose che non sapete, ma piano piano ve le racconterò! :)

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  4. Una bella storia, in fondo anche un po' la mia, con Torino come città.
    Come abbiamo fatto a dimenticarci così presto di quanto eterogenee sono le nostre origini? Come facciamo ad odiare così tanto le nuove "diversità" che ora attraversano le nostre città? Grazie per averlo ricordato.

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    1. Questa mia piccola storia è la storia di tanti infatti, di tante grandi città, che hanno potuto essere tali, grazie alle varietà di persone e culture che le attraversano da sempre. Ora la realtà è un po' diversa, ci chiede adattamenti più profondi e consapevoli, ma necessari. :)

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  5. Bellissimo post, molto intenso. Ed è bello che tu abbia capito che è stato quello che hai vissuto e le persone che hai conosciuto che ti hanno reso quello che sei. Non è sempre così scontato.

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    1. La ricerca dell'identità è un percorso lungo, continuo, che fa crescere ad ogni età. :)

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  6. Non essere troppo legati al conformismo delle origini apre la mente e gli orizzonti.. come dici giustamente tu, si cresce liberi.
    Secondo me sei una donna straordinaria, post dopo post riveli un pezzettino di te e del tuo cuore... un grande abbraccio!

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    1. Sei troppo generosa nei miei confronti! :)
      Il conformismo delle origini è una definizione perfetta.
      Penso che una delle cose migliori della società sia la possibilità di cambiare le tradizioni e tenere solo quelle che ci fanno crescere in umanità, l'incancrenirsi di atteggiamenti ostili verso gli altri e quello che rappresentano fa male a tutti e ci rende proprio meno liberi.

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  7. Carissima mi unisco anche io al coro di coloro che sono ULTRACONVINTE che sei padronissima del mezzo SCRITTURA , altrochè. Tu non ti rendi conto...
    E tieni presente che io non sono una che sbrodola lusinghe e complimenti ad ogni battito di ciglia....
    un bacio!
    Ste

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  8. Mi piacciono questi ricordi di un tempo che fu. E di persone che ci hanno aiutato a crescere, vivere e diventare quello che siamo oggi.

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  9. Hai descritto esattamente la vita di mio padre (anche se arrivava da molto più vicino)... ah se solo fosse stato un uomo più forte!!! e soprattutto di mio suocero che purtroppo ho conosciuto per troppo poco tempo... io e mio marito siamo cresciuti di conseguenza.
    Perchè del nome Copyright?? Ovviamente perchè i diritti sull'idea del libro sono miei, vero?!?!?!? :-) Adesso che lo dicono anche loro mi crederai o hai bisogno di essere adulata di più?!?!? hi hi hi

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    1. Amica mia, mi hai fatto venire un colpo!
      Alla prima riga che hai scritto, ho proprio pensato che il mio ricordo fosse davvero già stato scritto da qualcuno! Che scema! Oddio in realtà, questa storia è la storia di tanti e tanti e non sarebbe stato così strano...
      Comunque tu sai che testa dura ho e che l'adulazione non serve: quando una ha il dna sardo-friulano...Ma, mai dire mai, se mi capiterà di riuscire a vendere qualcosa che scrivo, almeno una cena, riuscirò a offrirtela con i diritti di copyright, ecchecavolo!! ;)

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